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13 maggio incubo ( gelogastroelettoral... )

Saranno state le acciughe marinate o il vin brulet che ho mandato giù,
la causa di questo rodermi dentro e il rigirarmi come un brutto blues,
cerco il tepore tra le lenzuola, vedo danzar fantasmi in tuta blu,
e tu che russi come un cosacco dopo una notte di Kasachoc....

Saranno stati i profiterole freddi di frigo dopo il Quantrò,
o il doppio whisky bevuto a salve come un bicchiere di mineral,
la causa di questo tete-a-tete con le tazze del cesso e del caffè,
o quel tuo sguardo da pesce strano che ha già adocchiato il tizio in fondo al bar.

Didascalie giapponesi questa sei tu,
sotto un film in lingua polacca,
non capisco più chi sei,
se per caso ti scappa un sorriso,
lo geli nel frigo accanto al tè.

È l’una e venti digrigno i denti mi ha già turbato il tizio alla Tv,
con un sorriso da venditore di dentifrici c’ha il passe-partout
per ogni casa, fa ogni cosa, mille mestieri il tizio sa tramestar,
io quasi quasi al “ mi consenta “ chiedo se viene a casa ad imbiancar...

Via vai di gente che viene e che va,
senza storie da raccontare,
senza tempo senza età,
che si aggirano infastidite,
come mosche in un vecchio bar .

Le sei e trenta spalanco gli occhi sembra passato il brutto trip,
tu che ti vesti di tutto punto cosi da urlo dov’è che vai?
Il venditore, è il Presidente lo sta annunciando adesso la Tv,
tu dove vai?, lui non imbianca ed io finito pure il caffè...
Quando passa l’amore

Tempo che passa come vento di mare,
inesorabilmente vola,
lasciando dietro solo strati di sale
e ricordi, che spesso sono vaghi,
per mantenerti in piedi,
per continuare a vivere un giorno di più.

Passa la vita sotto a un cielo di luna,
profumo intenso di una rosa,
all’oscillare del suo passo
lo sguardo si affianca, le sfioro una mano,
accenna un sorriso,
è solo un pensiero poi passa così.

Passa il tempo sopra ai miei capelli,
passa e non si ferma ad aspettare,
passa come l’aria che respiro,
i lineamenti del tuo viso,
passano come sei passata tu.

Passa come un temporale estivo,
passa la purezza di un bambino,
passa l’innocenza quando cresci,
passa come questa pioggia,
passa come sei passata tu,

Passa l’incoscienza nella vita,
quando non hai fretta di arrivare,
brucia ogni piccolo pensiero,
come brucia dentro il vino,
quando passerà l’amore poi…

Passa la notte come passano gli anni,
anche se è bello poi cercare,
frugarsi dentro fino a farsi del male
e scoprire che in fondo c’è calore,
quando passa l’amore,
come è passato il buio passerai anche tu.
Ahi! que arriba (...questa luna del Messico...)


Sono nato un mattino d’inverno,
dopo un canto d’estate lasciato a metà,
quando pure la neve quell’anno, faceva rumore cadendo,
e anche chi ci credeva più forte, s’era smarrito già.

Ahi! que arriba la noche e mi porta via,
col suo lungo mantello, il più nero che ha,
occhi per guardarla non ho, tanto è grande la luce che fa,
è la luna del Messico, già la vedo da qua.

Puoi passare una vita a pensare, o giocartela addosso,
anche se può far male,
poi ci pensi e ti svegli diverso, anche se non ci credi,
ci ridi di gusto.

Ahi! Ripenso alla vita che se ne va,
lungo strade che portano a niente (o no?),
alle facce incontrate e perdute, le attenzioni che io avrei voluto,
questa luna del Messico, che calore mi dà.

Se per caso un bel giorno ci incontreremo,
fosse solo per sbaglio o perché l’hai voluto,
non coprirmi di strani concetti è per questo che passano gli anni,
e la luna del Messico, non si vede già più.(non ritorna mai più).

Puoi passare una vita a pensare, o giocartela addosso,
anche se può far male,
poi ci pensi e ti svegli diverso, anche se non ci credi,
ci ridi di gusto.

Ahi! che arriva la notte a portarmi via,
lungo strade che vedo soltanto io,
e ho paura di crederci ancora, come se non bastasse una vita,
e la luna del Messico, la vedo andar via.
Mani

Mani che ammiccano con grandi gesti,
mani che parlano contro il nostro silenzio,
mani che vedono oltre la sabbia,
mani che offrono canestri di rabbia,

Mani che sorgono come il sole di notte,
mani che uccidono la speranza che occorre,
mani che coprono volti angosciati,
mani che si ergono contro altre mani,

Mani che spezzano pane cotto da poco,
mani che perdono gli amori trovati,
mani che stuprano i sogni di tutti,
mani che levigano statue di sale,

Mani che scavano, nelle grotte del cuore,
anche quando si fermano, per cercare calore
mani stanche, mani che fanno male,

Mani che si alzano, con i pugni ben chiusi,
che reclamano amore, che d’amore si parla,
e raramente si fermano, anche quando si sbaglia,

Mani che schivano sguardi indiscreti,
che sfiorano il vento senza un filo di voce,
mani che tengono stretta in pugno una rosa,
pur sapendo che stretta prima o poi morirà,

perché è dolce tenerla dentro al palmo e le dita,
accarezzarla più allungo perché questa è la vita,
che come la rosa anche lei ha le sue spine,
prendi in fretta il silenzio perchè questo ti cambia,

poi ti accorgi che adesso, dopo tanto aspettare,
prendi in mano le mani, e ti scopri a pensare,
che (è un) gran nobile gesto, quello di accarezzare, in fondo,
per questo si fa…. (è per questo che si fa….)
Tanguero


Guardo l’ombra che mi porto appresso,
questa notte è più pesa che mai,
troppi bicchieri di vino scarso,
sono entrati nei pensieri miei.

Questa vita che mi gioco spesso,
sopra ai tavoli verdi dei bar,
un giorno o l’altro mi farà uno scherzo,
cercherò di non farmi trovare.

Ma la sera del sabato ballo,
questo tango argentino che va,
non riesco a frugarti negli occhi,
non vedo il colore da qui.

Si me hiaman el mago del tango,
è perché non ho amore da dare,
loro non sanno cos’è una rosa
y el sabor che in bocca mi dà.

Io che non ho mai avuto un buon letto,
per nutrire le voglie che ho,
per frugarmi fin dentro al mio petto,
come un giudice senza pietà.

Ho rubato l’amore a chiunque,
ha diviso i suoi sogni con me,
per un morso di cielo ho pagato,
e ho venduto la mia dignità.

Questo tango che sa d’Argentina,
più bugiardo di un gran vecchio film,
mi accompagna per tutta la vita,
prima o poi il conto mi mostrerà …..
L’omonero


1. Bimbo non uscire fuori da solo,
mamma dimmi perché,
Bimbo non uscire fuori da solo,
mamma dimmi perché,
c’è l’omonero che gira in cortile,
sapessi quanta paura che fa,
guardarlo dritto negli occhi davvero,
questo non lo si può far,
bimbo non uscire fuori da solo.
2. C’è un tipo losco che spia nel buio,
mamma chi mai sarà,
ha gli occhi a mandorla, e il volto giallastro,
oh che paura mi fa,
dice di vendere balsamo tigre,
sarà soltanto un’escamotage,
solo un pretesto del tutto banale,
per invaderci il garage.

Forza tiralo su,
calce mattoni, e rena,
svelto, svelto, tira su quel muro,
che non possano passar,
Forza tiralo su, mattone su mattone,
alto, alto, tiralo su in fretta,
che non possano passar.

3. Guarda un po’ il tipo che lava i vetri,
mamma dimmi cos’ha,
dove viveva gli mancava l’acqua,
e qui la viene a sprecar,
col dio che prega non andrà lontano,
il nostro si che del bene ci fa,
è sempre stato il più grande il migliore,
per potenza e maestà.

4. e quel fagotto che c’è li per terra,
chissà cosa sarà,
arrotolato a mo’ di tappeto,
non lo vedi è un clochard,
non è intonato con quelle vetrine,
l’odore che ha non è certo Chanel,
certo che i pezzenti non han buon gusto,
se a schiattare vengon qua.

Forza tiralo su,
calce mattoni, e rena,
svelto, svelto, tira su quel muro,
che non possano passar,
Forza tiralo su, mattone su mattone,
alto, alto, tiralo su in fretta,
che non possano passar.


5. Mamma questo muro che ho costruito,
guarda il buio che fa,
a farlo in fretta non ci siamo accorti,
che finestre non ha,
che strano il fetore che c’è qua dentro,
viene da noi non è certo di là,
lo puoi coprire con mille profumi,
tanto poi ritornerà.

Basta lo butto giù,
di muri ne ho abbastanza,
non si ingabbiano cuore e cervello
dentro a un ghetto non ci stan.
Filastrocca

Conosco un tizio infondo al cuore,
conosce un posto che sa di mare,
“è strano – dice - questo mondo”
e il bello è che gli gira intorno,
lui che di porti ne ha visti tanti,
vele, barche e naviganti,
adesso soffre il mal di mare,
perché non sa, che cosa gli sta a cuore,
chissà se guarirà...
Conosco un tizio che sa di sale,
un giorno o l’altro lo andrò a trovare,
tra lenze ed ami passa il tempo,
anche se poi non pesca tanto,
pensa di essere un pesce strano,
quando muove la sua mano,
per salutare questo sole,
perché lo sa, che quando va dormire,
da solo resterà...
Ma se lo guardi si confonde, nel mare dei tuoi sogni,
Ma se lo cerchi lui si perde, nel mare dei tuoi occhi...
Ma se lo guardi si confonde, nel mare dei tuoi sogni,
Ma se lo cerchi lui si perde, nel mare dei tuoi occhi...
Conosco un tizio che sa di sole,
anche se fuori è buio o piove,
cammina su un arcobaleno,
se la domenica è sereno,
ha grandi sogni dentro al cassetto,
ma non se li sogna mai,
adesso crede di star male,
però se vuoi, gli andiamo a ricordare,
di non scordarsi più...
Ma se lo guardi si confonde, nel mare dei tuoi sogni,
Ma se lo cerchi lui si perde, nel mare dei tuoi occhi...
Ma se lo guardi si confonde, nel mare dei tuoi sogni,
Ma se lo cerchi lui si perde, nel mare dei tuoi occhi...
Barche di cartapesta.


Occhi scuri che guardano laggiù, oltre il verde di questo mare,
pugni chiusi nelle tasche vuote stringono pensieri e speranze che
a volte passano e volte restano conficcate nel cuore e in testa,
per un viaggio che dura una vita...

Sopra a barche di cartapesta va, il sogno di chi ha pensato che laggiù, oltre il verde di questo mare possa campare con pari dignità,
e comprare con soldi questa illusione di poterla cambiare un po’,
questa vita che dura un viaggio così...

E questa barca che balla un giorno arriverà,
in un porto del mondo forse attraccherà,
e come un’ombra sul muro al buio sparirò,
quando si spegne il faro...

Braccia tese a cercare sogni che come fumo svaniscono aldilà,
delle onde di questo mare che copre il mondo degli uomini laggiù,
ad un passo da quella terra che brucia sotto i talloni nudi ma,
quanto costa il viaggio di una vita...

E questa barca che balla un giorno arriverà,
in un porto del mondo forse attraccherà,
e come un’ombra sul muro al buio sparirò,
quando si spegne il faro...
L’omino sul filo

Ho già tracciato sul pavimento
il filo d’argento e sopra ci salterò,

E voi che li sotto state a guardare
questo mio numero vi farà tremar.

Son l’omino sul filo,
del mondo il meglio acrobata che c’è,
non mi faccio mai male
neanche se mi bevo il mondo intorno a me.

Non c’è paura nelle mie tasche
solo una strana storia da raccontar…
da raccontar…

Tu che hai un lavoro, tu che hai una casa
tu che hai una moglie e figli a cui pensar,

La sveglia che urla ed occhi lucidi
da notti insonni tra sogni e cambiali

Dammi qualche moneta
mi occorre per arrivar di là
dall’altra parte del filo
dove il rosso aspetta da un’eternità.

Son l’omino sul filo,
del mondo il meglio acrobata che c’è,
non mi faccio mai male
neanche se mi bevo il mondo intorno a me.

Non ho mai chiesto niente di logico
a questa vita che piano se ne và… se ne và…
se ne và…

Donne nelle notti di luna
non ne ho avute proprio mai
appese al filo insieme a me…

Non ho mai chiesto niente di logico
a questa vita che piano se ne và… se ne và…